Quest’anno

Nelle prime due settimane dell’anno abbiamo assistito (e questa rubrica ha provato a documentarlo) al crollo del governo. Avevamo previsto che sarebbe stato impossibile per López Obrador continuare a ingannare tutti, e anche la maggioranza, man mano che i risultati della sua amministrazione diventavano evidenti. È stato così ei loro margini di manovra si stanno rapidamente restringendo.

Indubbiamente, López Obrador continua a ricoprire la carica di Presidente e può, ad esempio, chiedere ai suoi visitatori di fargli il favore di atterrare alla sua stazione dell’aereo, oppure può ordinare alla Guardia Nazionale di trascurare il proprio dovere di pulire la faccia del suo candidato , oppure può, perché ha la maggioranza al Congresso, produrre leggi a suo piacimento, anche se non può modificare la Costituzione e, chiaramente ora, non può nemmeno andare contro di essa: ha perso quella possibilità.

Mantiene una popolarità simile a quella dei suoi predecessori (con l’eccezione di Peña Nieto). Per alcuni ciò è sorprendente data la cattiva gestione; per altri ciò che sorprende è che non sia maggiore per l’immenso sforzo propagandistico, praticamente l’unica attività che svolge. Comunque è un livello normale, che non ammette decisioni eccezionali.

Di fronte all’evidente crollo, torna la canzone “Dov’è l’opposizione?”, che abbiamo sentito molte volte. L’opposizione unita, grazie ai cittadini, ha impedito a Morena di mantenere la sua maggioranza qualificata alla Camera dei Deputati, e grazie a ciò ha fermato le riforme costituzionali dal 2021. L’insistenza di López Obrador su di esse ha provocato una nuova ondata di cittadini, il 13 di lo scorso novembre, il che spiega gran parte del crollo che vediamo oggi. In poche parole: l’opposizione c’è, e quando è unita e risponde alla cittadinanza funziona abbastanza bene.

A questo proposito è molto importante l’accordo raggiunto dalle tre parti che compongono Va por México. Ora ci sono candidature unitarie per i governatorati di Coahuila e dello Stato del Messico, c’è chiarezza su cosa accadrà a Città del Messico il prossimo anno e si apre l’opportunità di definire la candidatura presidenziale del 2024 con una ridotta presenza di partiti politici: solo uno di loro interverrà.

I partiti politici sono le uniche organizzazioni che possono partecipare alle elezioni e non ce ne sono molti, né saranno mai esempi di virtù. La loro capacità di rispondere al pubblico è ciò che permette loro di avere successo, anche se al loro interno ci sono gruppi per i quali l’unica cosa rilevante è il potere e gli affari. Sono organizzazioni umane, prodotto della società in cui si trovano. Chiedere di più è utopistico, che dovremmo già capire è sinonimo di criminale.

Avere candidature unitarie alle elezioni statali di quest’anno è essenziale. Sarà nel 2023 quando si verificheranno le definizioni politiche pertinenti. Anche se nel 2024 ci saranno le grandi elezioni, in quell’anno dovremo concentrarci per garantire che quelle elezioni siano eque e che chi perde accetti la sconfitta. Tutto il resto, che è molto, si decide quest’anno. Se l’opposizione punta sull’unità, è un grande passo avanti. Che la definizione della candidatura presidenziale sia essenzialmente cittadina sarà il passo successivo.

Se un partito politico, in questo momento, rifiuta l’unità, agisce contro la cittadinanza. Inventare “terze vie” di fronte alla restaurazione autoritaria rappresentata da López Obrador e Morena va oltre l’assurdo. Lo stesso accade con il purismo cittadino che, lo sappiamo, prima o poi pretende posizioni.

L’obiettivo fondamentale deve essere quello di prevenire la distruzione della democrazia, arrestare la distruzione istituzionale e promuovere la riconciliazione e la ricostruzione. Per questo è necessaria l’unità e la partecipazione dei cittadini. Ed è quest’anno, non il prossimo.

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