Ora che l’argomento è in voga, vale la pena chiedersi cosa ci vuole per essere un giudice della Corte Suprema. L’arte. 95 della Magna Carta elenca sei requisiti e qualcosa che sembra più una raccomandazione che un requisito.
Sono esigenze di buon senso, tradizionalmente incluse nelle Costituzioni del Paese, salvo una sfumatura in una di esse, che oggi sorprende.
Per essere ministro dell’SCJN è necessario, prima di tutto, “essere cittadino messicano per nascita, in pieno esercizio dei propri diritti politici e civili” (sezione I dell’art. 95).
Il secondo requisito recita: “Avere almeno 35 anni il giorno della nomina” (sezione II). Va notato che la riforma costituzionale del dicembre 1994 ha abolito il limite precedentemente stabilito di “non avere più di 65 anni”.
La Sezione III stabilisce che si deve: “Possedere al giorno della nomina, con un’anzianità minima di dieci anni, un titolo professionale di Avvocato, rilasciato da un’autorità o istituzione legalmente abilitata a farlo”. Prima della riforma del 1994, l’anzianità minima richiesta per la laurea in giurisprudenza (espressione utilizzata dal testo costituzionale) era di cinque anni, non di dieci come lo è ora.
Curiosamente, la Costituzione del 1824 richiedeva solo che il ricorrente “fosse istruito nella scienza del diritto secondo il parere dei legislatori degli stati”, e nella Costituzione del 1857 “secondo il parere degli elettori”, per essere a chi corrispondevano, rispettivamente, fare la proposta e l’elezione dei ministri: i congressi locali e gli elettori (in elezione indiretta). Questo spiega perché nei dibattiti dell’Assemblea Costituente del 1857 Francisco Zarco giunse all’estremo dicendo: “bisogna porre fine al monopolio degli studiosi titolati”.
La sezione IV dice: “godere di buona reputazione e non essere stato condannato per un reato che richiede una pena corporale di più di un anno di reclusione; ma se si tratta di furto, frode, contraffazione, abuso di fiducia e altro che lede gravemente la buona reputazione nella concezione pubblica, li decadrà dall’incarico, qualunque sia stata la pena.
La sezione V recita: “Aver risieduto nel paese durante i due anni precedenti il giorno della designazione”. Fino a prima della riforma del 1994, il requisito della residenza nel Paese era “gli ultimi cinque anni, salvo il caso di assenza al servizio della Repubblica per meno di sei mesi”.
La riforma costituzionale del 1994 ha aggiunto la sezione VI, che ora recita: “Non essere stato Segretario di Stato, Procuratore Generale della Repubblica, Senatore, Deputato federale o titolare del Potere Esecutivo di alcun ente federale, nell’anno precedente alla sua nomina” . Qui finiscono i requisiti.
Infine, la riforma costituzionale del 1994 ha aggiunto anche un ultimo comma all’art. 95 che testualmente recita: “Le nomine dei ministri ricadano preferibilmente tra coloro che abbiano prestato servizio con efficienza, capacità e probità nell’amministrazione della giustizia o che si siano distinti per onore, competenza ed esperienza professionale nell’esercizio dell’attività forense ”.
Il testo di tale paragrafo è alquanto ambiguo quando si utilizzano concetti contraddittori come l’imperativo “deve” con il termine condizionale “preferibilmente”. Per questo, pur senza fare riferimento a questo punto specifico, il costituzionalista Elisur Arteaga scrive che “l’articolo 95, in generale, è scritto male e carente”. E infatti presenta diversi difetti, che qui non vengono citati per ragioni di spazio.
Se si leggono attentamente la mezza dozzina di requisiti che la Costituzione stabilisce per essere ministro della SCJN, si può giungere alla conclusione che quasi tutti i circa 320.000 laureati in giurisprudenza che hanno più di 35 anni li soddisfano molto probabilmente. Messico, secondo le ultime statistiche diffuse dall’INEGI.
Qualcosa di simile a quanto accennò Ponciano Arriaga a proposito dei quattro o cinquemila avvocati che disse fossero nella Repubblica, quando la questione fu discussa nella Costituzione del 1857.
Per questo, deve intendersi che tali requisiti sono il floor, il minimo – non il plafond – che deve essere richiesto perché qualcuno possa essere nominato Ministro della Corte. La chiave, di conseguenza, è che da questi minimi e attraverso una procedura ideale, le nomine ricadano sulle persone più preparate e capaci, con più esperienza, onestà e probità.
In che misura quanto sopra è stato finora soddisfatto? Nel 1978, quando Jorge Carpizo pubblicò il suo libro Presidenzialismo messicanoha scritto quanto segue:
“In Messico sarebbe interessante fare uno studio sul background di coloro che sono stati nominati ministri della Corte Suprema di Giustizia… e stabilire così che tipo di nomine ha fatto ciascun presidente”, uno studio che per quanto riguarda è noto non è stato eseguito o non è noto. Ma cosa vale la pena fare?