Un presidente di minoranza

Dopo che 30 milioni di voti lo hanno elevato alla presidenza della Repubblica nel 2018, quasi cinque anni dopo, la sua base di voti è di circa 15 milioni di follower e questo, di per sé, fa preoccupare l’ospite principale del Palazzo Nazionale e per questo ci prova mantenere il controllo delle autorità e dei tribunali elettorali, promuovendo nel contempo una consultazione popolare per stabilire la propria egida presso la Corte Suprema di Giustizia della Nazione.

López Obrador è un presidente solo per i suoi seguaci e d’altra parte, per il resto della popolazione, nel migliore dei casi, c’è solo disprezzo e chi considera suo nemico, lo attacca quotidianamente.

A cosa serve un presidente al Paese che cerca con tutti i mezzi di perpetuarsi al potere e di governare per una minoranza che, per il solo fatto di ricevere briciole dal regime, è disposta ad accompagnarlo nelle sue avventure.

AMLO trasgredisce sistematicamente l’ordinamento costituzionale, oltre alle norme che regolano il comportamento del capo dell’Esecutivo federale.

Il principale responsabile del fatto che l’insediamento presidenziale sia minore è López Obrador, con la sua procedura dura e dannosa per la democrazia, la governabilità, la separazione dei poteri e, anche, per la coesione della Federazione.

Quella dimensione è il danno causato dal Tabasco dalla sua litania mattutina.

Il discorso belligerante usato da altri governanti populisti nella regione, come Hugo Chávez e ora Nicolás Maduro in Venezuela, e Daniel Ortega in Nicaragua, entrambi governi guidati dalla dittatura cubana, è utilizzato quotidianamente da AMLO per dividere i messicani e quindi mantenere il potere.

Gli ultimi epiteti rivolti al ministro presidente della SCJN, Norma Piña, e agli altri sette ministri che si sono pronunciati contro diverse disposizioni del Potere Esecutivo, sono un chiaro esempio della sistematica violazione che il presidente fa nei confronti di coloro che considera suoi detrattori.

Quando il Paese attraversa un periodo segnato da crisi economica, esclusione sociale, emarginazione, povertà, crisi sanitaria e carenza di medicinali, insicurezza pubblica ed estrema violenza in gran parte del territorio nazionale, il presidente governa con una priorità in mente: instaurare la dittatura dell’obradorato con l’appoggio della sua base elettorale, delle Forze Armate e anche dei gruppi criminali.

L’assurdità della realtà, quel surrealismo che non fa più paura al grosso dei messicani e che, se Kafka fosse nato qui, sarebbe consuetudine, è che anche con il malgoverno il potere insiste che vinceranno le elezioni nello Stato del Messico e ovviamente quelli del prossimo anno, che includono le elezioni presidenziali, che rappresentano un sogno Guajiro, perché se i cittadini andranno a votare nel 2024, Morena perderà l’opportunità di continuare a governare il Paese.

Invece di placare gli animi di una società polarizzata, continueranno ad appiccare il fuoco al falò per aumentare la pressione sul piatto espresso del malcontento sociale, che è ciò a cui aspira il regime totalitario, sulla base di colpi di manganello, dichiarare lo stato di eccezione e quindi rimanere al potere a causa dell’impossibilità di tenere elezioni pacifiche.

Il ragionamento di cui sopra sembra radicale, ma è molto praticabile, soprattutto quando ci sono grandi possibilità che l’opposizione vinca le elezioni presidenziali.

AMLO è pronta ad affrontare qualsiasi scenario che implichi la perdita del potere, anche se comporta l’uso delle Forze Armate per imporre l’ordine.

Il presidente crede che, con la sua base di sostenitori, che sono chiaramente una minoranza, sarà in grado di instaurare una dittatura e non ci sarà potere umano a fermarlo.

Se l’opposizione crede che la strada per vincere le elezioni presidenziali del 24 sarà raggiunta solo avendo più voti di Morena e dei suoi ostacoli, allora si sbaglia, poiché è necessario garantire che l’SCJN e le autorità elettorali svolgano il loro lavoro in modo imparziale e che le forze dell’ordine procedano di conseguenza.

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