Un’epidemia di opacità

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La posizione del presidente nei confronti dell’INAI sembra ossessiva. È fermamente convinto che l’Inai non funzionerà, e lo ha fatto sapere al senato del suo partito, che ha rifiutato un termine straordinario per votare la nomina di due commissari i cui seggi sono vacanti da più di un anno. Il Senato ha un ordine giudiziario per seguire l’iter legislativo che culmina nelle nomine. Tuttavia, ha deciso di porsi sull’orlo del disprezzo.

La Plenaria INAI ha diverse funzioni. Una molto importante è quella di decidere sui ricorsi per revisione e disaccordo presentati da cittadini che ritengono non soddisfatta o incompleta la risposta a una richiesta di informazioni. L’essenza dell’istituto è in plenaria perché, tra l’altro, vi si risolvono i contrasti tra le parti, ma anche perché ha la capacità di imporre sanzioni. Questo è ciò che dovrebbe dargli forza come organismo garante. In una futura collaborazione vorrei affrontare questo tema, che è centrale per il lavoro di garanzia del diritto all’informazione. Perché se la violazione di una legge non è sanzionata, quella legge è sulla carta.

Senza una sessione plenaria in carica, l’accesso alle informazioni è a rischio e le violazioni della legge possono restare ‘impunite’. Mi spiego: senza una seduta plenaria, non c’è nessuno che elabori i ricorsi per la revisione e imponga sanzioni. E non c’è bisogno che ti spieghi, caro lettore, cosa implica l’impunità in qualsiasi ambito. L’impunità è un invito a infrangere la legge a un costo minimo o nullo. Un esempio tanto illustrativo quanto patetico: l’epidemia di violenza che stiamo vivendo ha l’impunità come una delle sue componenti. La violenza è perpetrata senza alcun costo. La parziale ‘chiusura’ dell’INAI e dell’accesso all’informazione può diventare un’altra epidemia: quella della disinformazione. Immagina, lettore, di essere stato contagiato dalla disinformazione o da informazioni inoculate (impunemente) da uno o più gruppi di potere attraverso i media. Gli effetti di una simile epidemia sarebbero gravissimi. Verrebbe distrutto il livello minimo di interazione cittadino-autorità e verrebbe profondamente modificato anche il modo in cui ci relazioniamo tra i cittadini.

I rischi di una tale epidemia sono reali. Molto spesso nelle sue mattine il presidente attacca l’INAI, ma anche contro il concetto più ampio di trasparenza. Gli sembra che il corpo di trasparenza sia una costruzione neoliberista che in passato non è servita a contenere la corruzione. Insieme a questi approcci, emana decreti che riservano informazioni classificandole come sicurezza nazionale. E la presenza capillare delle Forze Armate nei compiti civili avviene parallelamente al blocco dell’accesso alle informazioni sui loro compiti ordinari o straordinari. Di per sé, tutte queste componenti sono un buon mix per violare il diritto all’informazione, ma ci sono anche effetti collaterali…

Sicuramente, caro lettore, hai sentito il termine gocciolare o ‘effetto spillover’. Un concetto che suggerisce che la ricchezza generata in un paese in qualche modo cade e si riversa nell’intera società, anche se in prima istanza i creatori di quella ricchezza rimangono con la quota maggiore. Questa idea mi aiuta a suggerire che questo discorso contro la trasparenza ha il suo gocciolare. Il presidente ‘lancia una linea’, che filtra nei recessi della pubblica amministrazione in tutti gli ambiti di governo. In qualche modo le parole del presidente sono contagiose, filtrano, e le istanze che sono obbligate ad aprire o diffondere informazioni si sentono sempre meno obbligate a farlo. Questi effetti si avvertono nella qualità delle informazioni a cui abbiamo accesso, nelle sempre più frequenti risposte di inesistenza o riservatezza alle richieste di informazioni. In altre parole, il presidente sta dando il tacito permesso alla violazione della legge, mentre indebolisce l’organismo garante nella sua funzione essenziale, che è quella di accogliere le denunce e punire chi non si attiene.

Negli oltre 60 giorni che la Plenaria INAI non si è riunita, per mancanza di quorum, sono state accumulate quasi cinquemila risorse che non hanno potuto essere governate. Possiamo dire che esiste un numero simile di persone i cui diritti umani vengono violati. Se aggiungiamo l’effetto spillover, parleremmo di danni maggiori, magari strutturali…

L’informazione avvantaggia chi la richiede, ma genera anche effetti amplificati quando viene elaborata e diffusa. Più informazioni nelle mani di molti li autorizzano e rendono possibile costruire reti di sorveglianza del potere e responsabilità più affidabili. L’informazione nelle mani dei cittadini è un contrappeso in più in un sistema di governo. Chiudere quell’accesso significa cancellare quella traccia di controllo che viene esercitata dalla società.

Quindi posso capire perché il presidente sia ossessionato dall’INAI. Penso che non gli piaccia essere osservato e valutato da una società che dovrebbe solo idolatrarlo, mai chiedergli conto. Posso capire che i legislatori morenisti si sentano molto vincolati dalle decisioni del loro capo politico… ma non che trascurino il danno che fanno a un diritto umano e che infliggono alla nostra democrazia.

L’autore è il direttore di México Evalúa.

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